A cura di Cristina Paternoster, Engagement Manager
In questo mondo che cambia, è importante prestare sempre più attenzione alle persone, alle relazioni, creando un clima di fiducia in cui la motivazione sia coltivata.
Per sostenere questo percorso in modo genuino, caratterizzato da empatia, rispetto, trasparenza e ascolto attivo, nel corso di meeting e workshop bisogna adottare qualche piccolo accorgimento, perché sono proprio questi momenti che ci avvicinano agli altri nel corso della nostra vita professionale, creando un contatto, un terreno fertile in cui cura e presenza sono gli aspetti fondamentali.
Meeting e workshop sono degli strumenti di comunicazione potenti, che possono essere molto utili nell’affrontare questo momento caratterizzato dalla lontananza fisica, in cui è necessario svolgere il proprio lavoro in modo distanziato e proprio per questo aumenta il bisogno di fare squadra, di mantenere la focalizzazione verso obiettivi comuni e sentirsi vicini. In NTT DATA questi approcci collaborativi erano già molto diffusi ancor prima della pandemia, poiché sebbene adesso sia più evidente il loro grande potenziale, il co-design e la comprensione condivisa dei requisiti sono fondamentali per garantire il successo di qualunque iniziativa.
È davvero possibile creare dei workshop virtuali? Si, certamente, ma richiedono un’attenta preparazione, identificando un percorso che possa guidare step-by-step i partecipanti, degli obiettivi condivisi e un risultato atteso chiaro, dichiarato sin dall’inizio. Rispetto ai workshop fisici, più tradizionali, presentano sicuramente delle differenze: richiedono la scelta di un percorso e di tecniche che possano favorire interazione e virtualità, in grado di alleggerire la fruizione tramite schermo, con check point frequenti e tempistiche contenute. Richiedono anche un approccio empatico molto più profondo, che possa “bucare” lo schermo: ciò è possibile soltanto attivando video e audio e sviluppando un’attenzione ai piccoli segnali, perché alcuni di quelli tradizionali non saranno più visibili.
Ecco 5 segreti per condurre un workshop efficace anche da remoto:
1- Inizia col creare un ambiente sicuro, in cui i partecipanti si sentano liberi di fare errori
Sbagliare significa sperimentare e sperimentare è la migliore palestra possibile in cui sviluppare creatività e idee davvero innovative. Tutti gli studi più recenti sono orientati in questa direzione: solo per citare un esempio, il Management 3.0 – un recente mindset che sta riscuotendo un enorme successo – nel modello di Individual Competence Development cita proprio il “learning by failure” tra i suoi cinque step fondamentali, insieme al “lead by example”, “encourage and enable self-study”, “training and Certification” e “coach”. Parlare liberamente senza sentirsi giudicati porta verso una serena esplorazione di possibilità, anche quelle apparentemente assurde, che possono però essere uno stimolo importante per la valutazione di alternative, rischi ed opportunità: tutte le grandi invenzioni nascono da errori o da idee ritenute inizialmente non perseguibili o addirittura folli.
2- Nel corso di meeting e workshop alimenta i dubbi e le perplessità legati ad una iniziativa che stai sviluppando con il tuo gruppo
I dubbi sono gli abilitatori di nuovi opportunità e anche di nuove prospettive. Stimola la riflessione usando le powerful questions, domande potentissime, inattese, controcorrente. Pertanto, se qualche partecipante è fermo sulle sue idee, oppure siamo in un momento di stallo, proviamo a stimolare la discussione e a generare alternative, coinvolgendo tutti gli altri. Esempio di powerful question? Dipendono ovviamente dal contesto, ma potremmo chiedere: “Siamo sicuri che – quella proposta – sia l’unica alternativa possibile?” oppure “Se proviamo a chiudere gli occhi e ad immaginarci nel futuro, di quali abilitatori abbiamo bisogno per arrivarci?”, oppure ancora “Se il nostro progetto dovesse fallire clamorosamente, quali elementi potrebbero aver causato la sua fine?”. Qui l’invito è verso la pratica e la sperimentazione, perché esercitare il ruolo di un oppositore controcorrente aiuta a trovare nuove strade.
3- Mi raccomando, non dimenticare di creare “funny moments”, ovvero momenti di gioco e di distrazione!
Numerosi studi dimostrano che interrompere per qualche momento l’attività in corso concentrandosi su qualcosa di completamente differente aiuta la concentrazione e la memoria a lungo termine. Ad esempio, se il workshop che stai seguendo è molto impegnativo e richiede grandi energie e concentrazione, chiedi ai partecipanti di fermarsi un attimo e proponi loro di copiare un disegno o di sviluppare un rebus concentrandosi molto attentamente sull’attività. Questo piccolo diversivo porterà a risultati sorprendenti e farà tornare il sorriso. Oppure, se sai che al tuo workshop parteciperanno dei solitamente ritardatari? Allora lancia la sfida: l’ultimo che arriva dovrà cantare una canzone!
4- Tieni sempre a mente la regola delle riunioni 100-100: fai in modo che tutti i partecipanti (ma davvero tutti!) possano far sentire la loro voce.
Non è semplice far parlare sempre tutti, non è vero? Alcuni partecipanti possono mostrare un carattere aperto ed essere inclini a parlare anche in situazioni nuove con persone mai incontrate prima, altri invece hanno un carattere più riservato. Nel pieno rispetto di tutti, qui il facilitatore diventa il vero protagonista. Egli dovrà cercare di coinvolgere tutti, ricordando i nomi di coloro che non hanno ancora preso parte alla discussione per coinvolgerli apertamente, creando però un clima di grande serenità. Potrebbe anche utilizzare tecniche giocose, ad esempio passando virtualmente la “penna del silenzio”, famosa tra gli antichi indiani: colui che ha la penna (anticamente una piuma) era il solo a poter parlare, senza essere disturbato. Per poi passare la penna o la piuma ad un altro partecipante. Non dimenticate di stabilire un timing così che tutti abbiano esattamente lo stesso tempo per esprimere il proprio punto di vista.
Evita poi le trappole della courteous compliacence, ovvero della falsa cortesia non costruttiva, solo di facciata, e quella della cover opposition, ovvero di un finto accordo nel corso nel workshop che non si traduce poi in azioni nella realtà dei fatti. Insomma fai in modo che tutti escano apertamente allo scoperto anche quando non d’accordo con le scelte immaginate. Il contrasto – se rispettoso – è davvero molto costruttivo. Questi aspetti sono molto importanti perché aumentano la partecipazione con un effetto immediato sulle attività: i colli di bottiglia si assottigliano, le discussioni post-meeting si riducono sensibilmente, così come le incomprensioni: provare per credere!
5- Se sei un Coach, non smettere mai di sperimentare nuove tecniche e nuove possibilità di coinvolgimento di tutti i tuoi partecipanti.
Fai in modo che ogni tuo workshop sia atteso con curiosità e interesse, spingiti sempre oltre i tuoi limiti. Questo è forse l’aspetto più complesso da seguire perché la ricerca di nuovi contenuti, tecniche e aggiornamenti richiede tempo, costanza e sperimentazione, ma la rete ci viene in nostro aiuto fornendo risorse inesauribili.
In estrema sintesi, quando prepariamo un workshop (ed abbiamo scoperto che è un’arte non è vero?) chiediamoci sempre: “Come posso supportare al meglio questo gruppo affinché possa raggiungere al meglio i risultati a cui ambisce?”. Con questa domanda in testa, sarà tutto più semplice.