A cura di Michele Biancucci, Associate Manager Energy & Utilities - Practice IT Strategy & Architecture
Le Digital Platform e l’ecosistema di Platform sono un tema estremamente ricorrente e di tendenza negli ultimi anni. Ma cosa si intende per ecosistema oppure modello di Platform?
Sembra essere evidente a chiunque che aziende come Amazon, Google, Facebook e Netflix siano un modello di successo che suscita ammirazione e rappresenta una fonte di ispirazione per altre aziende, siano esse già affermate oppure promettenti start-up.
Secondo un dato analizzato ad aprile 2020, le sette aziende con la maggiore capitalizzazione di borsa e un business da trilioni di dollari sono tutte basate su piattaforme digitali, che collegano attori molto diversi del mercato e crescono grazie all’effetto di rete.
Uber, the world’s largest taxi company, owns no vehicles. Facebook, the world’s most popular media owner, creates no content. And Airbnb, the world’s largest accommodation provider, owns no real estate.
Ciò che è meno chiaro è che esse non sono solamente aziende ma platform companies (PlatFirm) che si basano su specifici modelli di business e che questi ultimi si sono rivelati estremamente potenti e versatili.
Ma procediamo con ordine. I business tradizionali hanno sempre seguito un modello lineare che prevede la creazione di un prodotto o servizio, seguita dalla sua immissione sul mercato e successivamente la relativa conduzione delle transazioni di vendita verso i consumatori o altre aziende. Questo modello ha funzionato per molti decenni e ha permesso alle aziende con maggior controllo sulle risorse di mantenere il proprio vantaggio competitivo.
Negli anni successivi però, i processi di digitalizzazione e le nuove modalità di fruizione di queste risorse hanno dato il via a un approccio più aperto, flessibile e interattivo; in poche parole “disruptive”. Basti pensare alle evidenti contrapposizioni dei modelli tradizionali delle case discografiche rispetto ai servizi in streaming di Spotify, Apple Music, Tidal oppure al più eclatante caso “Blockbuster vs Netflix”.
Il processo di disruption tecnologico arrivò a un punto tale che fu coniata una particolare espressione per tutte quelle aziende che non furono in grado di adattarsi repentinamente al nuovo paradigma: “being Uberized”.
Questo nuovo modello vede le aziende agire come infrastrutture tra i produttori e i consumatori, permettendo loro di interagire e fruire dei servizi offerti e al contempo fornire utili flussi di informazioni di ritorno (feedback).
“A business model that generates value by facilitating transactions between consumers and producers within an ecosystem, with the purpose of obtaining part of that value in return.”
Fondamentalmente le Platform si pongono come mezzo di distribuzione e fruizione di beni e servizi tra la domanda e l’offerta, mettendo queste ultime in contatto tra loro e dando maggiore valore alle transazioni e al mutuo scambio di informazioni.
E la forza del Business Platform model risiede principalmente in tre diversi fattori. Il primo, relativo all’indipendenza rispetto ai prodotti e servizi offerti dai producer: a tutti gli effetti la Platform rappresenta un canale di accesso e non la risorsa in sé. In secondo luogo, nella drastica riduzione dei costi marginali dovuti all’erogazione di servizi o prodotti esterni, senza richiedere la necessità di ulteriore front-office. Infine, nel cosiddetto effetto rete che, basandosi sul concetto di community, vede incrementare il valore di un servizio all’aumentare del numero dei propri utilizzatori.
Partendo da questo presupposto, possiamo affermare che il valore per l’utente non è “generato” dalla piattaforma, bensì “abilitato”.
Quali sono i principali modelli di business dietro il paradigma delle Platform?
Il modello tradizionale, denominato “pipeline” o “subcontract” vede la piattaforma come puro mezzo di intermediazione tra il consumatore e il produttore, il quale ne gestisce autonomamente il pricing tramite costi fissi. Tale modello comporta intrinsecamente il rischio di vedere la piattaforma bypassata qualora producer e consumer riescano a mettersi in contatto separatamente.
Il secondo approccio prevede un “modello a quotazione” che permette al produttore e al consumatore di entrare in contatto diretto, lasciando al primo la gestione del pricing e alla piattaforma la ricezione di una quota di intermediazione. Amazon ed eBay applicano questo modello in relazione ai rispettivi online store.
Una variazione di questo approccio è il più famoso “2-sided model”, in cui il valore risiede nella possibilità da parte del consumer di esprimere, attraverso la piattaforma, il proprio need e di essere a sua volta raggiunto dalle varie offerte dei possibili producers, comprensive del rispettivo pricing. La piattaforma applica una fee per ogni transazione avvenuta, la cui percentuale varia proporzionalmente a seconda della relazione di dipendenza tra il servizio offerto e la hosting platform. Tale modello è applicato da Uber per il suo servizio di riding, oppure da Google e Apple all’interno dei rispettivi app store digitali: la forbice della percentuale applicata in termini di fee varia tra il 5% e il 40%.
Infine, troviamo il modello denominato “subscription model”, secondo cui il valore della piattaforma viene definito dalla numerosità e qualità dei producer e relativi prodotti e servizi offerti su quest’ultima. I consumer pagano una sottoscrizione fissa alla piattaforma, assicurandosi ampia libertà di fruizione. In questo caso, la piattaforma ha il ruolo di abilitatore: è questo, infatti, il modello seguito da Netflix e Spotify.
Risulta evidente che l’adozione del modello di Business Platform è in fase di continua crescita, soprattutto nei settori Telco & Media e Banking & Insurance.
NTT DATA sta ampliando questo modello al mercato dell’Energy & Utilities puntando sul benefico fenomeno dell’effetto rete andando a supportare la transizione da consumer a prosumer, nonché lo sviluppo delle energy community.
Le sfide del Business Platform Model non si fermano solamente alla definizione intrinseca del modello di interazione tra producer e consumer, ma piuttosto al percorso di adoption necessario alla sua piena implementazione.
Quest’ultimo, infatti, non può che passare da una attenta implementazione dei principali fattori abilitanti quali un forte networking e la capacità di fare community.
A questi si aggiungono importanti aspetti organizzativi e di governance, nonché una forte evoluzione architetturale e infrastrutturale che supporti dal punto di vista tecnologico la scalabilità e la complessa gestione dei big data, degli inventory e delle singole transazioni che il Business Platform Model ci chiama a gestire.
Non può esistere un Business Platform Model senza una sua corrispondente IT Operating Platform.