L’inclusione non è solo un valore sociale fondamentale, ma anche un motore in grado di generare dei vantaggi tangibili per le comunità e le aziende. Inclusione significa permettere a ognuno di esprimere a pieno il proprio potenziale e poter accedere a nuove prospettive, idee, modi di vedere il mondo che possono davvero trasformare il modo in cui viviamo e lavoriamo, creando nuovi paradigmi.
Come dimostra il Diversity Brand Index, inoltre, l’inclusione ha degli effetti concreti sulle performance aziendali: il 63% delle persone sceglie con convinzione brand più inclusivi, dato che va di pari passo con un registrato aumento, all’interno della popolazione, degli individui coinvolti dal tema inclusione (+40% rispetto al 2018). Un segno che non basta restare sulla superficie: le persone rispondono alle aziende che sono coinvolte in maniera seria su questo tema, perché ne percepiscono il grande valore non solo per la loro vita di singoli, ma per la comunità in generale.
Come passare, però, dalla teoria alla pratica? Cosa significa davvero promuovere l’inclusione sul posto di lavoro, o all’interno di un team? Abbiamo raccolto i punti di vista di 3 uomini e team leader che ogni giorno si trovano ad affrontare questo aspetto.
Ognuno è diverso per definizione: capisci i punti di vista perché uno stesso obiettivo si raggiunge anche attraverso percorsi differenti.
Spesso è difficile accettare un modo di lavorare diverso, ma in realtà ad uno stesso risultato si può arrivare da molte strade, per questo all’interno di un team bisogna sempre ricordarsi di mantenersi aperti a diversi punti di vista.
In questa settimana dedicata all’inclusione e all’empowerment femminile voglio aggiungere un messaggio diretto alle donne: non fatevi condizionare dai luoghi comuni, dai pregiudizi e dalle aspettative che pensate ricadano su di voi. Fatevi sempre avanti con determinazione per raggiungere i vostri obiettivi e far riconoscere i vostri meriti.
L'inclusione è far sentire tutti liberi di esprimere la propria voce.
Credo che essere inclusivi significhi anche ricordarsi che non tutti si sentono a proprio agio nel prendere la parola davanti agli altri. Specialmente in questo momento in cui le riunioni sono diventate più virtuali è importante coinvolgere direttamente le persone chiedendo di prendere la parola e di esprimersi. Solo così è possibile permettere a tutti di dare il proprio contributo e di esprimere il proprio potenziale.
Non fermarti alla prima impressione, scoprirai che non esiste il diverso, ma solo l’essere umani.
Tutti, spesso inconsciamente, siamo soggetti a quello che viene definito like me bias, cioè la tendenza a contornarsi di persone che hanno un background e un modo di pensare simili al nostro. Questo non è l’unico bias che ci influenza, ovviamente, ma è possibile allenarsi per fare in modo che questi preconcetti perdano la loro forza lavorando su due aspetti: raise awareness e take action. Ciò significa innanzitutto riconoscere quali sono i bias a cui siamo soggetti per capire come agire per eliminare. Un esercizio utile è lavorare sui weak ties, i legami deboli con persone con cui sul lavoro non collaboriamo direttamente, ma con cui prima scambiavamo qualche parola alla macchinetta nel tempo di un caffè. Favorire i contatti tra persone con competenze diverse permette di incoraggiare lo scambio di idee, alla base del pensiero innovativo.