Oltre l'8 Marzo: Successo, Resilienza e Inclusione | NTT DATA

mar, 12 marzo 2024

Oltre l’8 marzo: riscriviamo insieme il significato della parola “successo”

Cos’è per te il successo? Ognuno di noi probabilmente darebbe una risposta diversa a questa domanda. 5 professioniste di NTT DATA ci parlano della loro idea di successo, per sottolineare quanto anche un concetto che può sembrare così ovvio possa assumere innumerevoli sfaccettature e non vada quindi dato per scontato.

Tenere aperto il dialogo per generare un cambiamento positivo

L’8 marzo è una giornata non solo di festa, per celebrare i traguardi raggiunti su diritti delle donne e parità di genere, ma anche di riflessione e bilanci, in cui guardare a quanta strada, tutti insieme, possiamo ancora fare per costruire una società in cui l’inclusione di tutti diventi un valore fondamentale. Un giorno, però, non basta: vogliamo andare oltre questo momento di riflessione collettiva perché tenere aperto il dialogo durante tutto l’anno è la chiave per diffondere la scintilla del cambiamento.   
Tutto ciò passa anche dall’abbattimento di stereotipi e pregiudizi che limitano non solo le donne, ma tutti noi nell’espressione di sé, nel raggiungimento di certi obiettivi o nel realizzarsi negli ambiti della vita che ognuno ritiene più importanti. Per questo, oltre all’importanza di creare alleanza per dare una spinta al cambiamento, è importante costruire insieme una narrazione in cui tutti possano sentirsi rappresentati con la propria unicità.
A questo proposito, abbiamo chiesto a 5 professioniste di NTT DATA di raccontare cosa per loro significano successo e resilienza, con le mille sfumature e sfaccettature che questi due concetti possono accogliere.

Paola racconta il suo coraggio, perché “le etichette più difficili da togliere sono quelle che ci incolliamo addosso da sole”

A causa della mia malattia, sono una categoria protetta e questo aspetto un po’ mi ha condizionato nella mia vita lavorativa. A condizionarmi però non erano gli altri, ma io stessa: ero Paola la disabile, Paola la peggiore di tutti, Paola con la sclerosi multipla. Poi, è arrivato un momento rivelatorio: mi hanno chiesto di tenere un corso di formazione interno, a cui avrebbero partecipato anche dei manager. Avevo paura, perché non sapevo come sarebbe stato insegnare in un corso, ma allo stesso tempo avevo voglia di partecipare e di provare. Alla fine, si è rivelato un grande successo e ricordo ancora oggi quel momento perché proprio lì ho capito che tutte le etichette che mi ero auto-incollata addosso erano un peso che dovevo togliermi dalle spalle, per crescere, andare avanti e credere in me stessa e nel valore del contributo che posso dare. 
Alla fine penso che aveva proprio ragione il vecchio proverbio che dice “Dio manda il freddo secondo i panni”: significa che se succede qualcosa, se c'è una difficoltà, sicuramente abbiamo la forza per affrontarla. So che la vita perfetta non esiste, così come non c’è una Paola perfetta. In fondo una vita perfetta sarebbe anche un po’ noiosa, no? La vita va presa così com’è, senza alcuna pretesa di perfezione: l'importante è avere sempre la voglia di viverla perché merita in tutti i casi di essere vissuta.

Raffaella e la forza di realizzare che “il più grande successo è essere soddisfatte di sé”

Un arbitro ha solo una manciata di secondi per prendere la decisione che può determinare il destino di una partita: questa è una verità che ho toccato con mano a 17 anni, quando ho deciso di fare l'arbitro di pallavolo. A 20 mi sono già ritrovata ad affrontare gare un pochino più importanti a livello nazionale, bruciando delle tappe anche velocemente, fin troppo velocemente in alcuni casi. Non è questo, però, quello che ritengo definisca la mia idea di successo. L’unica cosa che conta davvero alla fine, il vero successo, è riuscire a essere soddisfatti di sé stessi. Non è il traguardo in sé, raggiunto o magari sfiorato, l’aver vinto o l’aver perso una competizione che conta, ma il percorso che ci ha portato fino lì e qualunque esperienza lungo il cammino in grado di arricchirci e diventare parte di noi. L’essere parte del mondo dell’arbitraggio mi ha dato tanto, perché fin da giovanissima ho dovuto imparare a rapportarmi con persone più mature e con più esperienza di me e ad agire molto rapidamente. In realtà per me ogni gara è un successo, perché sia quando capita l’errore, sia quando ricevo i complimenti per una bella gara, aggiungo comunque un tassello che mi porta più vicina al traguardo successivo. Questo per me vale sul campo, così come nella vita. 
Anche se ora lavoro nel mondo dell’informatica, i miei studi umanistici sono un bagaglio che porto sempre con me, insieme a questa frase di Seneca: “Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, ma è perché non osiamo che sono difficili”. Credo che non smettere mai di osare sia la spinta che ci permette di realizzare anche quello che inizialmente può sembrare impossibile.

Flavia grazie alla sua ambizione ha capito che “mai farsi scoraggiare, bisogna sempre credere nelle proprie potenzialità”

La mia vita si divide tra il mondo della tecnologia, perché lavoro come Solution Architect, e quello dello sport, perché al di fuori della vita lavorativa sono un’atleta paralimpica e dal 2018 faccio parte della nazionale italiana di sitting volley. 
Quando ho iniziato a giocare a pallavolo avevo circa 12 anni, ma alla prima visita medico-sportiva mi è stato consigliato di praticare un altro sport perché la pallavolo per sua natura non era veramente adatta ad una disabilità come la mia. Naturalmente non ho dato retta a questo consiglio: ho continuato a giocare e con un po’ di testardaggine e di fiducia nelle mie potenzialità, la pallavolo all'inizio e, successivamente, il sitting volley mi hanno dato tantissime soddisfazioni. Soddisfazioni che si sono poi coronate con la conquista della qualificazione per le Paralimpiadi di Tokyo nel 2020, con un recente oro agli Europei del 2023 e che spero possano continuare con i prossimi Giochi paralimpici di Parigi a settembre. 
Il connubio tra lavoro e sport non è sempre facile da gestire, questo perché talvolta lo sport può prendere le sembianze di un vero e proprio lavoro. Può richiedere sacrifici sia in termini di tempo che di energie, ma in questo percorso sono sempre stata supportata sia dalle squadre con cui mi alleno, sia dai colleghi con cui lavoro e con cui ho lavorato in passato.
Al netto dei sacrifici, voglio dire  che sicuramente ne è valsa la pena, perché il sitting volley mi ha dato l'opportunità di conoscere atleti e stringere amicizie con persone fantastiche, in particolare con donne che hanno trasformato quelli che potenzialmente potevano essere dei punti di debolezza in punti di forza e che mi ispirano ogni giorno.

Valentina, con i suoi esercizi ci aiuta ad “allenare la resilienza, per essere sempre pronti a nuove sfide”

Ho riflettuto molto sul significato della parola successo e credo sia riduttivo pensarlo come il raggiungimento degli obiettivi che ci eravamo prefissati. Penso sia molto più importante come arriviamo all’obiettivo, la forza e il coraggio che vengono fuori quando si tiene davvero tanto a qualcosa.
È stato proprio un progetto su cui ho lavorato a farmi maturare questa riflessione. Era un progetto difficile, capitato in un momento di grande cambiamento, sia per l’arrivo della pandemia sia perché proprio in quel periodo ho scoperto di essere incinta. Insieme al team con cui lavoravo abbiamo dovuto ripensare tutto da campo per fare fronte al lockdown e proprio quello che sembrava inizialmente un ostacolo, si è rivelato la nostra più grande risorsa: il progetto ha accelerato proprio perché permetteva di abilitare il lavoro remoto ed è stato un successone.
La cosa più interessante che ho imparato da questa esperienza è stato proprio capire come allenare la resilienza. Da questo è nato il mio piccolo protocollo di esercizi di resilienza che tutti noi possiamo mettere in pratica per allenarci in questo senso. 

  1. Dedicare regolarmente del tempo a pensare ai propri obiettivi, definendoli in modo realistico e preparandosi a modificarli quando le circostanze lo richiedono.
  2. Scrivere gli obiettivi che si vogliono raggiungere, per fissare le idee e concentrarsi anche sugli aspetti positivi del percorso. 
  3. Sviluppare una rete di supporto, trovare coraggio nelle persone che abbiamo vicino, aiutandosi non solo nella pratica, ma anche dal punto di vista emotivo.
  4. Imparare dal fallimento, ribaltando la prospettiva e iniziando a vedere il fallimento come un'opportunità di crescita e di apprendimento. 

Queste piccole azioni mi hanno aiutato ad essere più resiliente, anche di fronte alle sfide più difficili e spero possa aiutare anche altri a rafforzare la propria resilienza con consapevolezza e determinazione.

Claudia è combattiva e sa che “Non è il risultato che conta, ma con chi lo raggiungi”

La mia storia di successo è una sconfitta sul ring, anche se può sembrare paradossale. 
Forse non tutti lo sanno, ma il mondo del pugilato ha aperto le sue porte alle donne solo nel 2001, quindi quando ho iniziato nel 2004 ero una delle prime atlete in Italia a praticare questo sport. 
Nel 2012 mi sono iscritta ai Campionati italiani di pugilato e dalla graduatoria, che viene fatta in base ai risultati ottenuti durante l’anno, risulto seconda: già quello per me era un grande risultato, arrivato dopo tanti sacrifici.
A complicare questo momento di gioia, arriva la scoperta di quale avversaria avrei dovuto affrontare: un’atleta fortissima, vice-campionessa mondiale, molto superiore a me. 
Il giorno della gara ho cercato appoggio nel mio maestro, che mi ha detto “Proviamoci”. A me non andava di rinunciare nonostante sapessi che le probabilità non erano a mio favore, quindi decido di salire sul ring.
C’erano dei miei amici della palestra in cui mi allenavo a fare il tifo per me sugli spalti, il mio maestro che seguiva ogni mia mossa. Questo, posso assicurare, dà una carica pazzesca: in quella situazione avevo bisogno di sentirmi incoraggiata, di sentire che c'erano anche loro lì con me. Il pugilato, contrariamente a quanto si pensa, non è uno sport individuale, ma si ha sempre qualcuno accanto, dal maestro, ai partner di allenamento, che fa con te gli stessi sacrifici per arrivare all’obiettivo.
Nonostante la sconfitta, sono orgogliosa del mio match: ho tenuto testa alla mia avversaria e, soprattutto c’erano delle persone che credevano in me lì a sostenermi.
Quel giorno lo porto con me anche sul lavoro: non sempre le cose vanno come previsto ed è proprio in quei momenti che bisogna rimettersi in gioco, senza demoralizzarsi e cedere alla tensione, traendo energia dal team e restituendola a propria volta.


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