Oggi racconta la sua storia Zineb Bilil, Lead Engineer Salesforce
Quando ho iniziato l’università non avrei immaginato di scoprire la passione per l’informatica. In Marocco, il mio Paese di origine, mi ero iscritta a Matematica, poi al secondo anno ho dovuto scegliere in cosa specializzarmi nel mio percorso di studi e dovevo decidere se proseguire con Matematica applicata o Informatica. Ero ancora indecisa sulla strada migliore per me, quando un giorno una mia compagna di studi mi ha detto: “Zineb, tu dovresti studiare informatica! Secondo me sei portata ed è un percorso che ti darà un sacco di opportunità, lascia perdere Matematica applicata!”.
Io all’inizio non mi vedevo come sviluppatrice, ma poi ho deciso di seguire il suo consiglio e oggi posso dire che devo ringraziare lei se ho scoperto questa passione.
Vivere in Marocco ha cominciato a diventare pesante per me, perché non sopportavo di vivere in una realtà in cui le posizioni maschiliste sono ancora molto diffuse. L’ultimo anno della triennale, quindi, ho iniziato a cercare di andare via dal mio Paese e stavo valutando la possibilità di proseguire gli studi altrove. Alla fine ho ottenuto una borsa di studio per l’Università di Cagliari e mi sono trasferita in Italia per frequentare la magistrale.
Integrarsi in una nuova realtà, una parola alla volta
Non sapevo una parola di italiano e per i primi sei mesi comunicavo solo in inglese. Poi ho pensato che non potevo andare avanti così e che dovevo impegnarmi per imparare la lingua, così ho iniziato a provare a parlare con le persone che conoscevo.
Una cosa che mi è rimasta particolarmente nel cuore è l’aiuto che ho ricevuto in quel periodo, tutti avevano molta pazienza, capivano che ero in difficoltà e cercavano di aiutarmi a migliorare con la lingua.
Un altro dei miei “insegnanti” sono stati i film: mi allenavo guardandoli con i sottotitoli in italiano e grazie a quello ho imparato sia il parlato che lo scritto.
Verso la fine degli studi ho cominciato a cercare lavoro e mi sono trasferita a Roma per lavorare in everis, che ora è NTT DATA. Il mio primo progetto è durato un anno e mezzo e all’inizio non ho avuto l’opportunità di sviluppare in modo completo, che era ciò che mi interessava. Ho insistito molto per avere questa possibilità, consapevole che avrei avuto molte più responsabilità verso i risultati di progetto. La mia perseveranza alla fine ha pagato: sono riuscita a portare a termine questo nuovo compito, dimostrando che la volontà e la passione ti permettono di andare oltre quello che al momento siamo in grado di fare.
Affrontando nuove sfide si impara a conoscere nuovi lati di sé
Il mio percorso professionale si è rivelato diverso da ciò che mi aspettavo, ma sono state proprio le sfide che ho deciso di accettare la spinta a conoscere dei lati di me e delle capacità che non immaginavo di avere. Ai tempi dell’università non mi vedevo nella consulenza, mi piaceva la parte di ricerca e di innovazione. Poi, quando ho iniziato a lavorare, piano piano ho scoperto un nuovo lato di me stessa, la consulenza ha cominciato a piacermi soprattutto per la possibilità di trovare soluzioni all’interno dei progetti e poter avere il contatto diretto con il cliente, grazie al quale ho imparato a comunicare in modo semplice anche gli aspetti più tecnici del mio lavoro. Una delle parti più belle è sicuramente vedere la soddisfazione dei clienti, che erano sempre contenti di lavorare con me.
In due anni e mezzo sono passata da essere junior a team leader: mi sono impegnata tanto in questo percorso e, guardandomi indietro, non nego che all’inizio ero un po’ preoccupata all’idea di gestire un team e allo stesso tempo le necessità di progetto. Adesso, che si sta concludendo positivamente il progetto che ho portato avanti per l’ultimo anno, posso dire di aver affrontato la mia sfida professionale più grande finora, in un team tutto al femminile anche!
Ad incoraggiarmi in questo percorso è stato anche l’esempio della mia prima team leader, che mi ha ispirato a impegnarmi per migliorare e credere nella mia carriera quando vedevo ancora di essere una delle poche ragazze che si dedicava allo sviluppo.
Per me è importante incoraggiare altre donne a credere nella possibilità di perseguire una carriera nella tecnologia, perché a volte c’è ancora il preconcetto che sia un lavoro “da uomini”, anche se in realtà non è affatto così.
Anzi, in Marocco è l’esatto contrario: ci sono più donne che uomini nel settore tecnologico! I requisiti per entrare in certe facoltà sono severi e per studiare Informatica serve conoscere molto bene le materie scientifiche, come matematica e fisica. Tante ragazze si impegnano e studiano a fondo per raggiungere questo traguardo e questo si riflette anche nel mondo del lavoro. Credo infatti che sia molto importante concentrarsi sull’orientamento e incoraggiare sempre più donne a intraprendere studi STEM.
Con l’impegno, la voglia di studiare e la perseveranza si può ottenere qualunque risultato: non bisogna farsi scoraggiare da ciò che pensa il mondo esterno, quando si ha una vera passione bisogna seguirla, anche se sul percorso ci saranno sfide da affrontare.