Le prime passioni: informatica e sport
Oggi racconta la sua storia Flaminia Scarciofolo, Software Developer Engineer
Fin da quando ero piccola, per me sono esistite solo due grandi passioni: l’ingegneria informatica e la pallavolo. Un abbinamento che può sembrare curioso per una bambina, sicuramente molto diverso da ciò che piaceva alle mie coetanee: invece di giocare con le bambole, smontavo i computer. Mio papà, tecnico informatico di professione, era il compagno di questi giochi tecnologici e mi incoraggiava sempre a prendere confidenza con il mondo dei computer.
Questa mia passione è sempre stata motivo di stupore, anche tra i miei amici che, quando mi vedevano programmare o smontare un computer, si sorprendevano sempre che una ragazza fosse interessata a queste cose.
La passione per lo sport invece, in particolare per la pallavolo, è iniziata quando avevo più o meno 8 anni, ma purtroppo non è stato un percorso lungo quanto avrei voluto. A 13 anni mi sono rotta crociato e menisco, un incidente che mi ha portato a sostenere diversi interventi che sono durati fino ai 18 anni e che, ovviamente, mi hanno costretta a smettere di giocare. Lo sport, però, è tornato nella mia vita in un modo leggermente diverso: intorno ai 19 anni ho deciso di provare il beach volley, pensavo di potercela fare perché l’impatto sul suolo era meno duro e il salto non dava problemi alla gamba. Fortunatamente ho avuto ragione e ho iniziato la mia avventura nel beach volley, che non ho più abbandonato. Ho riscoperto anche quanto mi faceva bene lo sport: la mia testa è sempre in azione, ma quando mi alleno riesco a staccare veramente da qualunque cosa, come se esistesse solo quel momento.
Un momento di svolta
Quando è stato il momento di scegliere l’università, ovviamente ho seguito la mia passione per l’ingegneria informatica, ma non sapevo che da lì a poco il mio percorso si sarebbe rivelato tutt’altro che lineare. In quel periodo, purtroppo mia mamma ha perso il lavoro e questo mi ha fatto desiderare di essere indipendente nel provvedere alle mie spese, così ho deciso di lasciare l’università per iniziare a lavorare.
Sapevo che la mia famiglia non mi avrebbe mai chiesto niente del genere e sarebbe stata felice che io continuassi gli studi, ma è stata una decisione che sentivo di dover prendere in quel momento.
Anche in questo cambio di rotta, non mi sono allontanata molto dal mondo della tecnologia, perché ho iniziato a lavorare in un negozio di telefonia. Dopo un paio di anni, avevo la mia indipendenza, sicuramente, ma ho iniziato a pensare ai sogni che avevo messo da parte. La questione economica era risolta, potevo permettermi l’università, e allora cosa stavo aspettando? Qualche anno prima avevo degli obiettivi, ma non ci avevo più pensato e li avevo accantonati, forse perché mi ero adagiata sulla routine quotidiana, ma non potevo abbandonare così il mio sogno di bambina, di lavorare nel mondo della programmazione. Il lavoro in negozio era stato un punto di partenza, ma sapevo che non era quello che volevo fare nella vita. Alla fine, mentre lavoravo, mi sono iscritta all’università UniMarconi, così avrei potuto conciliare le lezioni online con il lavoro e aprirmi la strada verso il lavoro che desideravo.
Una corsa ad ostacoli
Conciliare l’università con un lavoro da 44 ore settimanali e gli allenamenti agonistici di beach volley non è sempre stato una passeggiata: studiavo la sera e il finesettimana, ovviamente con delle ricadute sulla mia vita sociale. Sicuramente non è un’impresa impossibile, però non nego di aver passato qualche periodo di sconforto, soprattutto quando capitavano quelle materie che proprio non riuscivo a studiare perché particolarmente difficili per me.
Il mio segreto per superare questi momenti e non mollare è sempre stato tenere gli occhi fissi sull’obiettivo e fare il possibile per raggiungerlo, diciamo che per carattere sono una persona che non si lascia distrarre facilmente quando vuole qualcosa.
Poi quando avevo finito gli esami, una mia amica che lavorava già in NTT DATA mi ha consigliato di candidarmi, perché secondo lei ci potevano essere delle posizioni adatte a me. Io all’inizio ero un po’ titubante, nel frattempo avevo appena comprato casa e si era aggiunta una nuova responsabilità, oltre al fatto di dover ancora preparare la tesi. Invece ho deciso di provare a candidarmi e sono stata convocata per il colloquio. Quando mi hanno richiamato per dirmi che era andato bene e che mi avrebbero assunta, è stato un momento molto particolare per me: mi sono lasciata andare in un pianto liberatorio, perché vedevo finalmente realizzarsi ciò per cui avevo fatto tanti sacrifici.
Un sogno si realizza, ma non finisce qui
Dopo questa prima tappa, ho ancora tanti altri progetti: il primo è sicuramente la magistrale. Intanto sono contenta di aver trovato un ambiente aperto in cui i colleghi sono sempre disponibili a dare qualche consiglio. Uscendo da una piccola realtà, arrivare in un’azienda così grande mi aveva fatto sentire un po’ spaesata, ma poi l’accoglienza che ho ricevuto ha smentito tutti i miei timori, perché ho trovato delle persone sempre pronte a offrire il loro aiuto e contente di supportare il mio percorso da studentessa. E, soprattutto, sto facendo ciò che amo fare, che è la cosa più importante.