Oggi racconta la sua storia Daniela Capparelli, Project Leader
Quando ho scelto l’università non ero del tutto consapevole di cosa volesse dire lavorare nell’informatica, al tempo cercavo soprattutto di indirizzarmi verso studi che mi permettessero di trovare facilmente lavoro. Da un piccolo paesino della Calabria mi sono trasferita a Salerno per studiare, trovandomi per la prima volta a vivere lontano da casa. Non facevo solo la studentessa, avevo trovato qualche piccolo lavoretto che mi permetteva di iniziare a guadagnare qualcosa, mentre cercavo di capire se quella che avevo scelto poteva essere davvero la mia strada.
A un certo punto è scoppiata la scintilla: ho scoperto una vera passione per l’informatica, che mi ha dato la spinta per concludere rapidamente gli studi e iniziare un’altra fase della mia vita.
Proprio durante l’università ho conosciuto anche quello che oggi è mio marito: dopo la laurea lui si è trasferito a Milano per lavoro e qualche tempo dopo ho deciso di seguirlo, una scelta che con il tempo mi ha portato ad essere la professionista e la mamma che sono oggi.
Milano-Roma: un viaggio di andata che si trasforma in ritorno
A Milano ho trovato il mio primo lavoro da programmatrice, però non eravamo ancora sicuri che sarebbe stata la città dove volevamo stare definitivamente. Così, dopo un po’ di tempo, abbiamo iniziato a parlare di trasferirci a Roma, sia perché ci eravamo innamorati della sua bellezza quando l’avevamo visitata, sia perché era più vicina ai nostri genitori, una cosa che per noi era importante in ottica di una futura famiglia.
Dopo aver richiesto il trasferimento alle aziende per cui lavoravamo all’epoca, questa nuova esperienza non è andata come ci aspettavamo.
L’idea che ci eravamo fatti prima di partire è crollata qualche mese dopo il nostro arrivo: la città aveva un ritmo diverso da quello a cui eravamo abituati, non conoscevamo nessuno e non era facile costruire una nuova cerchia di amicizie da zero, quindi anche la nostra vita sociale ne risentiva. Ci eravamo avvicinati di qualche centinaio di chilometri alle famiglie, ma non era un vantaggio tale da convincerci a rimanere in una città in cui faticavamo ad ambientarci. Così, in controtendenza con ciò che chiunque si sarebbe aspettato, abbiamo deciso di tornare sui nostri passi e prendere un bel biglietto di ritorno per Milano.
Nuove opportunità e consapevolezze
Il ritorno a Milano per me si è tradotto anche in una svolta professionale, perché ho deciso di approfittare di quel momento di transizione per cambiare azienda. Così, grazie ad una dritta di un ex collega, sono arrivata in NTT DATA. Se oggi potessi raccontare tutto questo alla me stessa dei tempi dell’università, non mi crederebbe. Non avrei mai pensato di trasferirmi a Milano un giorno, perché non facevo altro che sentire i soliti luoghi comuni che la descrivono come una città fredda e grigia. Invece, inaspettatamente, mi sono sentita accolta da subito e sono stata colpita dalla varietà di persone e di esperienze che questa città offre, iniziando anche a capire il particolare spirito pragmatico che la caratterizza.
Nel frattempo, sono diventata mamma e project leader. Conciliare questi aspetti della mia vita non è facile: prima della pandemia cercavo di non portarmi mai il lavoro a casa, perché preferivo potermi dedicare alla mia vita privata una volta uscita dall’ufficio, ma nel 2020 ho dovuto rivedere tutta la mia organizzazione. Inizialmente il lockdown è stato uno shock, per come ha trasformato sia il mio modo di gestire il mio quotidiano, sia di lavorare. Call, messaggi e email bastavano per le esigenze lavorative, ma quello che mi mancava di più erano le chiacchiere amichevoli con i colleghi davanti a un caffè.
Anche essere mamma in quel periodo non è stata una passeggiata: mia figlia è ancora piccola, faceva fatica a capire che non poteva giocare con mamma e papà anche se li vedeva tutti e due a casa. Ogni tanto mi diceva “Mamma, lavori troppo!” e, come tanti genitori, mi sentivo in colpa per non riuscire a dedicarle tutto il tempo che avrei voluto. Nonostante le difficoltà di adattamento iniziali, oggi non tornerei alla vita di prima. Ora sto trovando un equilibrio: lavorare da casa mi permette di portare mia figlia all’asilo e con i colleghi organizziamo delle giornate settimanali in ufficio, per me molto importanti perché mi piace stare a contatto con gli altri… da mamma non è sempre facile avere il tempo di incontrare altri adulti!
Ho notato che essere mamma ha anche trasformato il mio modo di gestire la mia vita professionale, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti relazionali, molto importanti nel mio lavoro. Non solo ho imparato davvero a massimizzare il tempo dedicato al lavoro perché così riesco a dedicarmi di più a mia figlia, ma ho anche mitigato un po’ il modo in cui mi relaziono con gli altri, imparando a essere più paziente e ad apprezzare i momenti in cui posso condividere le mie conoscenze con i colleghi meno esperti.
Con il tempo ho capito che ognuno ha il suo modo di affrontare le situazioni e che la cosa migliore che si può fare per coltivare le relazioni, lavorative e non, è comunicare in modo aperto e autentico con gli altri.
Altro che supereroi, oggi i miei veri idoli sono tutte quelle mamme che riescono a destreggiarsi tra famiglia e una carriera di successo, perché capisco quanto impegno serva per riuscirci, soprattutto quando, come nel mio caso, non si ha il prezioso aiuto dei nonni sempre a disposizione!
Realizzarsi significa diventare ciò che si desidera
Nella mia carriera nel mondo della tecnologia ho visto che a volte noi donne per essere stimate ci mettiamo di più e abbiamo più difficoltà a trovare una porta aperta. In questi anni sono stati fatti molti passi avanti da questo punto di vista, oggi nel mio team per esempio ci sono 6 donne e 3 uomini e vedo sempre più ragazze che studiano per lavorare in questo settore, ma c’è ancora strada da fare.
Da mamma, spero che mia figlia si senta sempre libera di scegliere quello che vuole e di non condizionarla a prendere una strada piuttosto che un’altra.
Mi fa piacere quando dice “Mamma, voglio il computer rosa per lavorare anche io come te!” e mi affascina vedere la velocità con cui apprende la tecnologia (a 3 anni e mezzo manda già i vocali su Whatsapp!), ma la cosa più importante è che segua le sue passioni e che si senta realizzata da ciò che deciderà di fare, qualunque cosa sarà.