Avanti, nonostante tutti: la storia di Arianna | NTT DATA

mar, 26 settembre 2023

Avanti, nonostante tutti: la storia di Arianna

Tra ostacoli e nuove esperienze, l’importante è scegliere un percorso in cui si crede davvero, senza farsi influenzare da giudizi esterni.

Dalla passione per i videogiochi a Ingegneria

Oggi racconta la sua storia Arianna Russo, Cloud Software Engineer

Sono andata al liceo classico, ma il mio sogno nel cassetto è sempre stato l’informatica. Fin da piccola, ero affascinata dalla tecnologia, da tutto ciò che ruotava intorno a un nuovo tipo di computer o un nuovo videogioco. Da tutto questo il mio interesse per l’informatica, volevo capire com’era possibile realizzare qualcosa di così complesso attraverso del codice.
Anche se avevo un maggiore interesse per le materie scientifiche, il liceo classico era l’unica opzione facilmente raggiungibile da dove abitavo, quindi al tempo sembrò la scelta più giusta da fare.
Dopo aver terminato le superiori, non avevo cambiato idea. Quando dovevo scegliere l’università, ho riflettuto su cosa mi sarebbe piaciuto fare e ho capito che la mia passione era rimasta sempre la stessa, così ho deciso di seguirla e di iscrivermi a ingegneria informatica.

La mia decisione ha suscitato reazioni diverse in famiglia: mio papà lo vedeva come un percorso per lo più maschile e troppo complesso per me, mia mamma invece voleva che scegliessi qualcosa per cui avessi davvero interesse, senza dar retta a pregiudizi o consigli altrui. E così feci.

Un nuovo inizio, non privo di difficoltà

Nonostante fossi contenta della mia scelta, l'impatto con l’università è stato piuttosto traumatico. Avendo fatto il classico, l’ostacolo della matematica si è presto fatto sentire: quando avevo lezione di analisi, mi sembrava di prendere appunti in una lingua sconosciuta, tutta da decifrare.
Anche l’ambiente non sempre è stato facile da affrontare: alla triennale noi ragazze eravamo in poche e capitava di trovare professori con un po' di pregiudizi. Un professore in particolare mi prese di mira, fino ad arrivare a sconsigliarmi di sostenere il suo esame qualche giorno prima della data prevista. La sera prima della prova sono andata nel panico e non sono riuscita a presentarmi in aula il giorno successivo per sostenere l’esame.

La pressione psicologica e l’ansia che vivevo in quel periodo sono state tali da farmi dubitare persino del percorso che avevo scelto e considerare l’idea di lasciar perdere.

È stato proprio grazie ad un altro docente, a cui avevo raccontato le difficoltà che stavo affrontando, che ho capito che non dovevo arrendermi e anzi dovevo andare avanti sulla strada che credevo fosse giusta per me. Così, ho ripreparato l’esame per un’altra sessione, anche se quel professore continuava a mettermi in difficoltà ad ogni occasione. Alla fine ho superato l’esame con il massimo dei voti, ma la cosa migliore è stata lasciarmi finalmente quel capitolo alle spalle. 

Studiare e lavorare: un nuovo modo di rimettere tutto in prospettiva

La magistrale è stata un’esperienza del tutto diversa, non solo perché in università mi trovavo in un ambiente diverso rispetto a quello della triennale, ma anche perché ho iniziato a lavorare e non potevo più dedicarmi a tempo pieno allo studio.

Prendere la decisione di iniziare a lavorare non è stato facile: da un lato, ero curiosa di vedere come tutte le nozioni che stavo imparando venivano messe in pratica in un progetto reale, dall’altro avevo un po’ paura di lanciarmi in questa nuova esperienza, consapevole del fatto che conciliare studio e lavoro non sarebbe stato semplice.

A sostegno di questa mia convinzione, le idee di un mio professore che, in occasione di uno dei miei primi esami di magistrale, poco tempo dopo aver trovato lavoro, non esitò a esprimere la sua disapprovazione per le scelte fatte, ritenendo lavoro e studio incompatibili. Dopo l’esperienza precedente, questo episodio non faceva altro che confermare alcune delle paure che già avevo, ma ha fatto nascere in me anche una grande voglia di riscatto e di dimostrare che sarei riuscita a dare il meglio in entrambi i mondi.

Essere già inserita nel mondo del lavoro, inoltre, mi ha aiutato ad affrontare l’università con uno spirito nuovo: l’impegno del lavoro faceva sì che la mia vita non ruotasse più interamente intorno allo studio e questo mi ha aiutato a dare il giusto peso alle cose, così quello che prima mi angosciava, non sembrava più così terribile.

Sicuramente tenere ritmi serrati a lungo non è stato facile. All’inizio della magistrale lavoravo part-time e questo mi aiutava a tenere il passo con le lezioni. Poi, un anno e mezzo fa, sono arrivata in NTT DATA e ho iniziato a lavorare full-time: ho dovuto trovare nuovi ritmi di studio, ritagliandomi del tempo la sera dopo il lavoro per lavorare con i colleghi sui progetti di gruppo assegnatici.
Ho provato però a non rallentare, perché stare al passo e studiare quindi con i miei colleghi mi aiutava a trovare la motivazione per continuare a studiare, soprattutto in quelle sere in cui ero più stanca e concentrarsi diventava difficile. 
Ora che ho finito, mi sto godendo il momento e, guardandomi indietro, sono contenta di aver intrapreso questo percorso, nonostante i sacrifici e a discapito di chi credeva che non ce l’avrei fatta. Questo percorso mi ha insegnato tanto e principalmente che finché sei convinto di poterlo fare, vale la pena provarci e rialzarsi tutte le volte che serve, perché anche da un’esperienza difficile si può portare a casa qualche bella soddisfazione.


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